Cambiare dentro, cambiare fuori
Il mese scorso abbiamo parlato dell’inevitabile certezza del cambiamento e di come vivere al meglio la natura transitoria di questo mondo dualistico imparando a restare presenti nel qui e ora con la mente e con l’attenzione. Ma se da un lato il cambiamento è una certezza, dall’altro ci spaventa. Non solo perché temiamo che ci porti via le cose belle o le persone care, ma anche perché quando sentiamo che davvero è arrivato il momento di cambiare, non sappiamo cosa fare.
Il dizionario definisce il cambiamento così: sostituire, rendere diverso, trasformare; sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l’aspetto di qualcosa.
Ma quando siamo noi a voler cambiare qualche circostanza o il modo in cui ci sentiamo in una determinata situazione, come si fa?
Cambiare dentro
Da una prospettiva metafisica le situazioni esterne non sono altro che il riflesso del nostro modo di pensare, a un livello più o meno consapevole. Sono il risultato dei nostri pensieri. Il corso in miracoli sottolinea continuamente come non sia la situazione di per sé a causarci sofferenza ma i nostri pensieri riguardo alla situazione: “non sono mai turbato per la ragione che credo io”. Non la persona che ci ha offesi ad esempio, o che non si è comportata nel modo che avremmo voluto, ma la nostra idea che quel modo sarebbe stato quello giusto, e il comportamento della persona decisamente “sbagliato”. Oppure ancora, se abbiamo pianificato un certo andamento delle cose, e poi per qualche ragione le cose non vanno secondo i nostri piani ma evolvono in tutt’ un altro modo, ci arrabbiamo o deprimiamo non a causa dell’evento in sé ma perché giudichiamo ingiusto quello che non corrisponde all’ idea che ci eravamo prefissati. Quindi, la soluzione non è necessariamente cambiare situazione, ma innanzitutto cambiare quello che noi stessi pensiamo a riguardo.
Ogni cambiamento inizia prima da una trasformazione interiore, e non ci può essere un vero cambiamento all’esterno se non è preceduto, o quantomeno accompagnato, da una modifica del nostro atteggiamento mentale.
Cambiare fuori:
Se è vero che il mondo interiore e quello esterno non sono disgiunti, è vero anche che a volte non basta conoscere se stessi, capire l’origine dei propri pensieri, imparare a non aspettarsi che le persone e le situazioni corrispondano sempre alle nostre aspettative. A volte è necessario assumersi la responsabilità di operare un cambiamento pratico.
Nella comunità spirituale odierna vige una sorta di pudore quando si tratta di agire il proprio sentire all’esterno. Sento spesso le persone dire: non voglio semplicemente cambiare ufficio, se non trasformo me stesso ritroverò una situazione simile anche nel lavoro nuovo! Non voglio cambiare casa, se non guarisco prima dentro, mi ritroverò in una situazione identica anche con i nuovi vicini! E’ vero e non è vero. Vero nel senso che non funziona cambiare SOLO le condizioni esteriori e sperare che da queste ci venga la tanto agognata felicità o tranquillità. Non vero nel senso che, abitando in un piano materiale anch’esso governato dalle sue leggi, insieme al lavoro di consapevolezza interiore e di trasformazione dei propri pensieri ed emozioni, a volte è salutare anche un cambiamento pratico. Una volta cambiato il mio atteggiamento verso i colleghi, se è necessario posso aprirmi a una nuova esperienza in un ufficio nuovo. Una volta imparato a relazionarmi con maggior rispetto e comunicando in modo efficace con i vicini, può essere che sia una buona idea cambiare casa e ricominciare in una situazione diversa con persone totalmente nuove.
A cominciare da me: una persona nuova, con nuovi pensieri, nuove intenzioni e nuovi comportamenti, basati su quello che l’esperienza passata mi ha insegnato e mi ha portato a trasformare.