Barbara Monti

Meditazione, formazione, crescita personale, costellazioni familiari e aziendali

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La forza del cambiamento

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Che l’abbia detto Eraclito oppure il Buddha, o forse entrambi e molti altri ancora, l’unica certezza è il cambiamento. Proprio per la sua natura duale e transitoria, il mondo tridimensionale in cui viviamo è per definizione soggetto al mutamento: si nasce, si cresce, si invecchia e poi si muore. Ogni cosa inizia, continua, in qualche modo si trasforma ed evolve, poi si trasforma in qualcos’altro oppure termina.
Questo ciclo vitale di inizio e fine, vita e morte è così sacro che nella tradizione induista esistono delle potenti divinità predisposte a governare ognuna di queste fasi: Brahma per la creazione, Vishnu per la preservazione e Shiva per la distruzione. Nella mitologia greca che sta all’origine della nostra cultura occidentale, tre moire (o parche) custodivano il filo dell’esistenza: Cloto (io filo), filava appunto lo stame della vita. Lachesi (il destino), lo avvolgeva sul fuso determinando la lunghezza che spettava a ogni persona e Atropo (l’inflessibile), lo recideva inesorabile con lucide cesoie.
Così facendo, viene garantito l’ordine dell’universo.
Nella spiritualità degli Indiani d’America, molto legata alla Natura e al susseguirsi delle stagioni, i cambiamenti costituiscono la forza della natura ciclica del pianeta e degli esseri viventi, e ogni passaggio viene considerato una trasformazione sacra che permette il proseguimento della vita da una forma ad un’altra. Anche per loro il cambiamento è l’elemento necessario alla sopravvivenza, all’abbondanza e alla garanzia della continuità.
Se non si cede alla rassegnazione che accompagna la falsa quanto comoda conclusione di essere completamente impotenti, la consapevolezza che tutto è impermanente e destinato a trasformarsi può essere un prezioso alleato per la vita quotidiana. Insegna a restare nel momento con piena presenza. Insegna a frenare l’impazienza che spesso rapisce la mente e agita il sistema nervoso quando pensa a cosa c’è da fare dopo, a quello che faremo domani, a dove saremo l’anno prossimo se tutto va secondo i nostri piani. Insegna a non dare per scontato niente e nessuno.
Molti anni fa ho conosciuto un’anziana signora che non ho mai scordato: si era ripresa lentamente da una lunga malattia che l’aveva costretta a letto, e da poco poteva di nuovo girare da sola per la casa e riprendere i piccoli mestieri di ogni giorno. Con una gioia che non conoscevo mi disse: oggi finalmente sono riuscita a mettere la tovaglia per il pranzo! Ero giovane, e apparecchiare la tavola rientrava in quelle incombenze che consideravo gravose o noiose, o che non consideravo affatto. Ma la gratitudine di quella donna ha aperto qualcosa in me che ancora tengo stretta: la profonda gioia che risiede in un momento, in un gesto, per quanto apparentemente piccolo o insignificante.
Molti insegnamenti mistici promettono che vivere qui e ora è la chiave della felicità, e in ogni caso l’unica cosa vera che esista. Il passato non c’è più, il futuro non ancora: sono illusioni. La tradizione buddista e induista chiama maya il velo dell’illusione che ricopre, nascondendola appunto dietro a un velo, la totale attenzione al momento presente e ci tiene continuamente distratti su altri piani di realtà che allontanano dalla felicità completa che già esiste ed è reale dentro a ognuno. Il momento presente contiene il più alto potenziale di gioia e realizzazione possibile. Vivere la vita come disegnando uno di quei meravigliosi mandala colorati che i monaci realizzano con la sabbia: un’arte concentrata a creare bellezza e armonia, con la massima attenzione al momento presente, con tutti i sensi raccolti e l’energia incanalata con precisione, lo sguardo attento al dettaglio e al tempo stesso consapevole dell’armonia d’insieme e la profonda realizzazione che al momento giusto cambierà la sua forma e verrà trasformato in qualcos’altro. Nulla va perduto: diventa nuovamente libero e disponibile a contribuire alla vita con una forza nuova.